WRITING- "DIFFERENZE DI GENERE NELL'AMBIENTE DI LAVORO: OPPORTUNITÀ O DISCRIMINAZIONE?"

   Fili


Sono in ritardo. Un’ora di tempo per trovare la scuola dell’infanzia dove porterò mia figlia, capire come fare l’iscrizione, e poi via al lavoro. Entro nell’atrio della scuola. Su un tavolo ci sono dei moduli, ne prendo uno mentre il mio sguardo cerca un essere che sia alto più di un hobbit. Un uomo arriva: “Salve, qui ho tutte le informazioni?”. “Si, e qui è la lista del materiale utile per i bambini”. Da un cassetto  tira fuori una fotocopia: scorro velocemente le parole, alcune misteriose, con specifiche di cartelline e fogli trasparenti da far impallidire un responsabile acquisti.Leggo l’ultima riga: grembiule di cotone rosa per le femmine e azzurro per i maschi. Rileggo. “Scusi, ma come mai qui c’è scritto che…” L’uomo mi interrompe: “Scusi ho da fare, per altre informazioni puo’ recarsi in segreteria”. “Si, ma anche io devo lavorare e…” Il tipo è già sparito dietro una porta tutta colorata a fiori. Rileggo. E’ come una brutta favola, immaginare mia figlia tutta di rosa quando il suo colore preferito è il blu. Fiduciosa nel sistema scolastico italiano mi presento all'appuntamento di orientamento con  genitori. Siamo tutte attente, tutte mamme in effetti, alle spiegazioni: “…e poi grembiule rosa a righine per le femmine e azzurro per i maschi”. Ho una nuova specifica, le righine, il mio pensiero si è per un attimo abbarbicato a quelle tenere righine che intarsiano il tessuto di un grembiule ben fatto di cotone... rosa! L’effetto consolatorio è durato poco. A quanto pare le linee guide sull’abbattimento della differenza di genere non sono giunte. Ed eccomi in piedi a far notare l’incongruenza del sistema educativo che abbraccerà la mia piccola figlia. “Ma che problema c'è? Non vede come sono carine?”. La preside che punta sull’effetto materno è la prima a rispondermi, in maniera bonaria. Mi accorgo che sono tesa: “Non capisco, stiamo parlando di bambole di pezza da vestire? Perchè creare una barriera tra i maschi e le femmine, perchè non utilizzare un colore unico per tutti o tutti colori per esempio”.  Ora è il segretario che punta diritto il suo naso verso di me mentre mi risponde:  “Ma sono differenti, che male c'è? È naturale!”. Il suo naso un po’ mi inquieta, ma lo affronto con calma. “Si, lo so che sono differenti di sesso, come lo sono nell'altezza, e nel colore dei capelli, perchè esaltare proprio la differenza del sesso?”. Il naso che ho sotto osservazione varia un po’ nel colore, forse anche nello spessore, visto che ora inizia a sbuffare. “Ma signora, che pensa? Sono bimbi innocenti! Suvvia, che esagerazione!”. La frase è accompagnata da un dondolio della testa rivolto alle altre genitrici. Sento che sto passando per una fobica del sesso. Qualcuno sta guardando i miei anfibi. Sono fierissima dei miei anfibi marroni. Ricomincio da capo, parlando lentamente: “Se i bimbi vestono azzurro e le bimbe rosa – pausa, respiro, e tocco - forse c'è un colore maschile ed uno femminile?” Un brusio: alle domande le maestre non possono resistere. “Ma no! Che dice! é un colore per un altro!”. “Allora grembiuli azzurri per le bimbe e rosa per i maschi!”, ribatto. Il naso del segretario ha ripreso vita ed ora parla al soffitto: “Bè no, non sta bene”. “Certe cose stanno bene per i maschi e certe cose stanno bene per le femmine? Non capite che messaggio date? Ai maschi è proibito il rosa? Allora se ci sono dei colori maschili, ci saranno anche dei giochi femminili, e sport maschili, e lavori femminili, e perchè no, che male c'è mettere sul capo il velo, sono così carine, non trovate...?”. L’ho detto. Vedo il vuoto nelle loro menti. Vogliono forgiare piccoli esseri e per primi non sanno  interpretare la realtà che li circonda, non capiscono la forza dei simboli che utilizzano. Penso alla Belotti, penso alla parità di genere, e mi ritrovo a dover lottare per mia figlia affinchè possegga tutti i colori. La preside mi guarda in modo strano, nuovo, e mi domanda tendenziosa: “Lei che lavoro fa?”. “Sono  imprenditrice”. “Ah, infatti, mi sembrava una persona, diciamo, un po’ originale. Sicuramente lavorerà tanto, lasci a noi queste cose, che ci intendiamo di bambini ed educazione”. La mia mente si illumina: sono una donna, che porta anfibi, e che lavora troppo. Ergo non sono una donna simile a loro. Forse non sarò nemmeno propriamente donna. La luce nella mia mente ora è sempre più forte, e appare una figura, simile a un santino: è la copertina di Dalla parte delle bambine. Mi alzo, scintillante, le parole mi escono fluenti: “Mia figlia avrà grembiuli colorati, e sarà libera in un mare di fili vischiosi: il velo nero che ricopre le donne, il velo bianco della sposa vergine, la lettera scarlatta delle adultere; i colori carichi di simbolismo disegnano gabbie di fili invisibili. Non impiglierò mia figlia in questi fili”. La mia aureola deve essere accecante perchè mi guardano tutti in modo strano e silenzioso. Sono in ritardo, e corro via, a cavallo dei miei anfibi luccicanti.  

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